“Ancora un episodio di violenza e follia si è vissuto iei nel carcere di Sabbione”: lo riferisce il segretario nazionale umbro del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria Fabrizio Bonino. “Alle ore 12.15 circa, un detenuto italiano di origine laziale, trentenne recluso per reati di furto e ricettazione, si rifiutava di uscire dalla sala dopo il colloquio con la convivente: ”Esco quando lo dico io”, rispondeva al poliziotto addetto al controllo, con aria minacciosa. Dopo poco, l’Agente tornava di nuovo in saletta confermando di nuovo al detenuto che il colloquio era terminato ma l’uomo persisteva nella sua volontà di uscire quando voleva lui.  Il collega, quindi, informava l’Ispettore di Polizia Penitenziaria di Sorveglianza Generale, il quale immediatamente si recava presso la sala colloqui riferendo al detenuto che il colloquio era terminato già da un’ora, ma per tutta risposta lo stesso iniziava a rompere sedie e tavolini all’ interno della sala  cercando di rompere anche le telecamere situate all’ interno, il tutto coadiuvato dalla convivente che a sua volta cercava di barricarsi all’ interno della sala. A fatica e con grande professionalità i colleghi riuscivano a riportare alla calma i due individui, facendo presente che il colloquio  oltre che con la convivente si svolgeva anche con la figlia minore di 4 anni e che la bambina continuava a ripetere “questo gioco non mi piace”, visibilmente sconvolta dal comportamento dei genitori”. “Una scena assurda e surreale, che solo per il professionale modo di agire della Polizia Penitenziaria non ha avuto conseguenze peggiori”, conclude.

“Sono stati momento di grande tensione, gestiti al meglio dal direttore e dal Personale in servizio di Polizia Penitenziaria”, evidenzia il Segretario Generale Donato Capece, il quale evidenzia come la scellerata e folle protesta del detenuto è “sintomatica del fatto che le tensioni e le criticità nel sistema dell’esecuzione della pena in Italia restano costanti. E che resta fondamentale dare corso a riforme davvero strutturali nel sistema penitenziario e dell’esecuzione della pena nazionale, a cominciare dall’espulsione dei detenuti stranieri, specie quelli – e sono sempre di più – che, ristretti in carceri italiani, si rendono protagonisti di eventi critici e di violenza durante la detenzione”. Capece mette sotto accusa la gestione delle carceri da parte dell’attuale Capo del DAP Giovanni Russo: “La sua gestione è fallimentare: non fa praticamente nulla, vive isolato dai “suoi” uomini e non sappiamo neppure che faccia abbia, essendo evidentemente allergico al confronto con i Sindacati. Non ci incontra e non fa nulla, quando invece dovrebbe intervenire con urgenza sulla gestione dei detenuti stranieri, dei malati psichiatrici, della riorganizzazione istituti, della riforma della media sicurezza”.