“L’Umbria in Porchetta – Una regione e suoi profumi tra tradizioni e sapori, territorio e saperi” è il titolo della nuova pubblicazione della collana curata da Promocamera (Azienda speciale della Camera di commercio dell’Umbria) ed edita dall’Ente camerale, presentata in una conferenza stampa a Perugia.

La porchetta è uno dei prodotti più legati alla tradizione dell’Umbria che anno dopo anno si è affermato come street food, fino a varcare i confini regionali e diventando piatto gourmet. Legata a questa produzione, si è nel tempo costruita una vera e propria filiera, che in Umbria possiamo definire a chilometro zero, capace di attirare l’attenzione della stampa nazionale ed internazionale.

“Ma la porchetta – sottolinea la Camera di commercio – non è solo un piatto di maiale cotto e condito in modo saporito, è anche una tecnica, un modo di cucinare gustoso delle nostre campagne. Per questo si è voluto intitolare la pubblicazione ‘L’Umbria in Porchetta’, in cui non solo esaltare il prodotto, ma anche trasmettere ai più curiosi ricette capaci di rievocare la cultura gastronomica umbra”.

“La porchetta – ha detto il presidente della Camera di commercio dell’Umbria, Giorgio Mencaroni – è un alimento che si accompagna alla nostra storia ed un modo di raccontare il nostro mondo. È anche una modalità di fare festa, basta offrire un panino con la porchetta e si crea subito un’atmosfera allegra e rilassata. Strettamente legata all’Umbria e alla sua storia, la porchetta è certamente un veicolo di promozione della regione”.

“In questo libro – ha affermato Gilberto Santucci, autore dei testi – c’è davvero tutto quello che c’è da sapere sulla porchetta umbra. Un viaggio nella bella Umbria alla ricerca di questo gusto, che profuma la quotidianità e i ritmi dei nostri centri abitati e delle nostre campagne. Un prodotto di ieri e di oggi, che trova una crescente attenzione anche all’estero e che va valorizzato in tutti i suoi aspetti, da quelli strettamente culinari a quelli storici, antropologici e culturali”.

“È un prodotto dall’eccezionale valore antropologico – ha evidenziato Antonio Andreani, docente di Antropologia degli alimenti – e per questo ci accompagnerà anche nei secoli a venire”.