Coordinare e diffondere le informazioni attraverso un format, tra l’attività delle forze dell’ordine, la Procura e gli organi di informazione: l’iniziativa, promossa dalla Procura generale presso la Corte d’appello di Perugia e l’Osservatorio regionale sull’informazione, è stata avviata nel corso di un vertice presso la Procura della Repubblica di Terni.

All’incontro hanno preso parte il procuratore capo, Alberto Liguori, il questore di Terni, Bruno Failla, i rappresentati delle forze dell’ordine, il presidente dell’Ordine dei Giornalisti dell’Umbria, Mino Lorusso, e i membri dell’Osservatorio regionale.

“La Procura di Terni, in fase sperimentale – è detto in un comunicato dell’Odg – darà incarico a un referente interno all’ufficio, di raccogliere e segnalare al procuratore le notizie di reato provenienti dalla polizia giudiziaria e di inoltrarle agli organi di informazione”.

“Si tratta – ha sottolineato Liguori – di superare le criticità in materia di diritto di cronaca, affidando al personale specializzato il compito di mediare tra la riservatezza delle indagini, il diritto di cronaca e il principio di innocenza”.

Il questore Failla ha ricordato che “la Polizia ha in organico del personale specializzato in grado di gestire le informazioni, a cominciare da quelle che riguardano la sicurezza del territorio e che direttamente competono all’attività della Questura”.

A partire dal prossimo gennaio, presso la Procura di Terni, si riunirà un gruppo di lavoro formato da giornalisti, rappresentanti della Procura e delle forze dell’ordine, con l’obiettivo di individuare le modalità utili a veicolare, con tempestività, le informazioni legate alla cronaca locale.

“Credo sia un ulteriore passo in avanti, dopo l’istituzione a Perugia dell’Osservatorio regionale sull’informazione – ha osservato Lorusso – per superare le difficoltà introdotte dal decreto sulla cosiddetta ‘presunzione d’innocenza’. E’ la dimostrazione che il senso di responsabilità e la buona volontà dei singoli prevalgono rispetto alla logica di una norma, la cui applicazione rigida rischia di penalizzare la sfera dei diritti collettivi, senza riuscire a tutelare adeguatamente quelli individuali”.