Il tema dell’energia è una delle questioni più dibattute tra le aziende italiane e lo è in particolare per Arvedi AST, sito produttivo altamente energivoro che vede compromessa la propria competitività sul mercato a causa di un costo energetico due/tre volte superiore rispetto a quello di altri competitor europei.
Per condividere con tutti i lavoratori un fattore discriminante e distorsivo della concorrenza, ragione per cui l’Azienda si batte sui tavoli istituzionali, nazionali ed europei, con il supporto di Regione Umbria, per ottenere un equo costo dell’energia, questa mattina è stato posizionato in AST un cartellone che dettaglia il grave disagio che gli elevati costi energetici stanno causando alla competitività dell’Azienda. La maxi affissione, che ricopre uno degli edifici affacciati sul principale piazzale interno del sito di Viale Brin, da un lato ripercorre la storia dell’esproprio del ramo d’azienda elettrico della Terni e del mancato indennizzo per cui negli anni numerose istituzioni, a livello nazionale e locale, hanno assunto l’impegno di addivenire ad una soluzione compensativa per Terni e per Acciai Speciali Terni S.p.A., senza però giungere – sino ad oggi – ad una soluzione condivisa e definitiva; dall’altro mette in evidenza i “numeri” della sperequazione in termini di costi che AST deve subire rispetto agli altri suoi concorrenti europei, evidenziando come in qualche caso il costo della bolletta energetica sia quasi triplicato. Eppure una soluzione ci sarebbe, se si consentisse finalmente ad Acciai Speciali Terni S.p.A., semplicemente ripristinando le condizioni originali di autoproduzione con il collegamento diretto esistente con la centrale ENEL di Galleto, l’approvvigionamento di energia elettrica per i suoi fabbisogni a costi comparabili a quelli di analoghe forniture nei Paesi europei e in linea con le società auto-produttrici di energia elettrica. AST vedrebbe in questo modo ristabilite le condizioni che hanno permesso la nascita di un sito produttivo capace di superare i più gravi periodi di crisi. Eloquente in proposito il titolo che accompagna l’affissione: “Abbiamo il diritto morale di avere le nostre centrali o di essere pagati da chi le ha espropriate”.
Un tema che verrà condiviso a breve anche con il territorio: c’è infatti la data per la mostra “La Grande Opera” che accenderà i riflettori su una delle più importanti realizzazioni idrauliche della storia, testimonianza del grande contributo dato dalle acciaierie ternane allo sviluppo energetico del paese: il sistema di condotte, turbine per l’adduzione delle acque dal Velino e la conseguente trasformazione della potenza della Cascata delle Marmore, in energia. L’esposizione si svolgerà nei centralissimi spazi del PalaSI, in piazza della Repubblica a Terni a partire da venerdi 4 ottobre. Si articolerà in un percorso immersivo dedicato alle acque e al polo siderurgico di Terni, con pannelli esplicativi sull’intero sistema idroelettrico realizzato nel corso degli anni dalle Acciaierie, focus sulla storia dell’industrializzazione a Terni, dalle origini al gruppo Arvedi con spazi dedicati ai siti presenti nell’area di Marmore – Campacci ed una sezione didattica pensata per le scuole con la storia della produzione dell’acciaio a Terni e le necessarie infrastrutture per produrlo.
L’esposizione sarà aperta al pubblico fino al 23 ottobre.
La mostra sintetizzerà gli elementi portanti del territorio: le acque con la magnificenza della Cascata delle Marmore; l’operosità, rappresentata dall’acciaio e dall’energia e la bellezza naturalistica delle gole della Valnerina. Un sistema avveniristico che già all’epoca poteva vantarsi di essere definito “sostenibile”. Un’opera che porta la “firma” del grande polo siderurgico ternano, parte di un prezioso sistema di impianti idroelettrici che oggi avrebbe potuto fare la differenza in termini di competitività per AST e per il territorio in generale. Risorse che purtroppo si sono dissolte nelle varie nazionalizzazioni che hanno portato alla nascita dell’ente nazionale per l’energia elettrica. In occasione del 140 esimo della fondazione delle acciaierie sarà un tema che verrà spiegato alla città.
Italia Nostra, “Nessuno provi a svendere le centrali idroelettriche o a rifondere alcunché ad Arvedi“: la legge vigente prevede che il 70% delle nostre centrali idroelettriche possa essere sostanzialmente gestito da Regione e Comuni, sotto l’egida dell’interesse pubblico.
Il resto vada a regolare gara, come da normativa.
Ecco perché è davvero mistificatoria e provinciale l’iniziativa propagandistica e lobbistica con cui Arvedi rivendica indennizzi per espropri di impianti energetici avvenuti oltre 60 anni fa da parte dello Stato verso un’azienda dello Stato (le Acciaierie ex IRI), tacendo del fatto che quelle stesse Acciaierie ternane hanno poi goduto, fino ai primi anni 2000, di tariffe di assoluto favore, decise proprio nei primi anni ’60, all’epoca della nazionalizzazione ENEL.
In seguito il prezzo dell’energia lo ha deciso il mercato, in un contesto di liberalizzazione europea; ma com’è che lo stesso Arvedi, su Cremona, parla poco o nulla dei costi energetici, né assume atteggiamenti piagnoni?
Perché lo fa qui?
Probabilmente perché qui, più che altrove, siamo ancora e sempre nell’Età del Ferro: l’Acciaieria è vista come totem intoccabile, cui sacrificare tutto, fino alla pelle nostra (come da Studi ‘Sentieri’ e altri), in un concerto di cretinaggine collettiva senza freni, legata a stadi primordiali della civiltà più che alla raffinatezza della contemporaneità.
Sulle centrali non si pretende certo il rispetto della verità storica da parte di una multinazionale, ma, se usassimo lo stesso metro di Arvedi, l’attuale proprietà, quale avente causa dei suoi predecessori, dovrebbe anzitutto rispondere dei danni ambientali e sanitari miliardari per scorie e rifiuti siderurgici disseminati ovunque nella Conca, oltre a polverie nubi tossiche a go-go.
Parimenti, in un Paese anglosassone qualsiasi ci si muoverebbe con forte determinazione per individuare le responsabilità della contaminazione delle falde acquifere da metalli pesanti, tra cui nichel, cromo esavalente e altro, ascrivendole senza dubbio unicamente alle Acciaierie medesime.
Se Arvedi può permettersi di propalare simili sciocchezze, contornato da una lunga fila di masochisti corifei locali, se Arvedi può addurre tali argomenti verso una politica già arrendevole di suo, è soltanto perché i ternani (e gli umbri) non hanno ancora capito l’enorme valore dell’asset idroelettrico: quando comprenderanno che immenso tesoro hanno in casa (2-300 milioni all’anno di mera rendita, grazie solo all’acqua che scorre!), non se lo lasceranno scippare dall’Arvedi di turno.
Questi può tuttavia legittimamente partecipare o compartecipare al bando pubblico di cessione del 30% dell’asset, sperando di vincerlo e pagando corrispondentemente alla Regione Umbria cifre che, ipoteticamente, non sarebbero lontane dal miliardo di euro, se non superiori. Altro che ‘indennizzi’ e fumisterie varie!
Siamo d’altra parte sicuri che un capitalista e gentiluomo di tal fatta non abbia problemi a racimolare simili somme, visti gli utili stellari registrati negli ultimi lustri.
Ecco perché ‘Italia Nostra’ è tranquilla: per quanto manchino alcuni aspetti regolatori, esiste una legge al riguardo. E a quella dovrà riferirsi anche Arvedi -il quale, frattanto, può preparare gli unici ‘indennizzi’ che ci interessano: quelli relativi ai giganteschi disastri ambientali perpetrati ieri e oggi, in nome del Dio acciaio
Andrea Liberati -Italia Nostra Terni
AST, FIOM e CGIL: “Se l’energia è l’ultimo nodo dell’accordo di programma, azienda, Governo e istituzioni locali facciano chiarezza e assumano impegni concreti”
“È venuto il momento di lasciare perdere gli slogan, anche recenti dell’azienda, e le iniziative da campagna elettorale e fare chiarezza sulle azioni concrete che si devono intraprendere per capire se le linee guida del piano industriale di Ast, presentate il 5 febbraio 2022, sono confermate e realizzabili nei tempi utili, oppure valutare le ricadute in caso contrario”. È quanto affermano in una nota congiunta Claudio Cipolla, segretario generale della Cgil di Terni e Alessandro Rampiconi, segretario generale della Fiom Cgil di Terni.
“Da oltre due anni come Fiom e come Cgil siamo in campo con una proposta di sviluppo sostenibile per il nostro territorio – continuano i due sindacalisti – che affronta il tema delle aziende energivore e la scarsa competitività dell’Italia sui fattori localizzativi, a partire dai costi dell’energia fuori scala nel rapporto con gli altri paesi europei, mentre i livelli salariali rimangono i più bassi all’interno del vecchio continente”.
“Le amministrazioni locali hanno avuto la nostra elaborazione – aggiungono Cipolla e Rampiconi – che mette in relazione anche il fabbisogno energetico del territorio, i costi per le imprese e le famiglie, con l’impatto ambientale, puntando sull’utilizzo delle fonti rinnovabile e delle comunità energetiche previste nel PNRR. Tutto questo, però, non è mai stato in discussione all’interno dell’Accordo di Programma, perché non è stata prevista la presenza delle organizzazioni sindacali e nessuna istituzione ha mai aperto un confronto nel merito, limitandosi solo ad aggiornamenti sullo stato di avanzamento dell’accordo e a indicare date possibili per la chiusura, ad oggi, sempre disattese”.
Fiom e Cgil di Terni ricordano che nell’unica riunione al MIMIT alla presenza di tutti gli stakeholder, a maggio 2023, le organizzazioni sindacali hanno appreso che i titoli dell’accordo di programma erano definiti e che mancavano “solo” due questioni importanti, ma collaterali, come l’energia e le infrastrutture. “Sarebbe oggi utile chiarire dove si è arenata quella discussione – concludono Cipolla e Rampiconi – Di certo va tenuto conto che questo Governo non ha invertito la tendenza, rispetto all’assenza negli ultimi 30 anni di politiche industriali, e oggi, più che mai pesa l’assenza di un piano nazionale della siderurgia e di un piano nazionale energetico”.