Senza il taglio del cuneo fiscale nel 2025 perderemmo circa 5,5 miliardi di euro di consumi a prezzi costanti, con una crescita della spesa delle famiglie che rallenterebbe dal +0,7% al +0,2%. Se per l’anno in corso, infatti, prevale l’ottimismo, con una previsione di crescita del PIL dell’1%, positiva considerata la situazione internazionale, le prospettive per il 2025 sono invece dominate dall’incertezza.
Così Confesercenti in audizione sul DEF davanti alle Commissioni Bilancio di Camera e Senato.
La decisione di non presentare il quadro programmatico rappresenta già di per sé un elemento di incertezza. Il governo prevede una crescita del PIL dell’1,2%, ma la stima potrebbe non includere il costo della decontribuzione: al netto di questa, Confesercenti stima una variazione del Pil del +0,8%, che potrebbe raggiungere il +1.2% indicato dal DEF solo con il taglio del cuneo. Preoccupa, quindi, la possibilità di mantenere o meno nei prossimi anni le misure introdotte nella scorsa legge di bilancio solo per il 2024: il taglio del cuneo da solo vale circa 11 miliardi.
In questo quadro, Confesercenti individua tre questioni prioritarie, fino ad oggi affrontate in maniera discontinua e inefficiente, su cui auspica un cambio di marcia nell’azione di governo: contrastare il declino dell’occupazione indipendente; investire nel turismo, porre argini alla delocalizzazione della ricchezza.
Su quest’ultimo punto, Confesercenti invita ad una riflessione sulla necessità di verificare e riequilibrare le distorsioni concorrenziali tra le imprese del territorio e le grandi piattaforme multinazionali di servizi digitali che molto spesso non hanno radici in Europa e che tendono a sottrarre ricchezza al territorio e a trasferirla altrove. L’impatto di questo processo, secondo nostre stime, si concretizzerà nella perdita di circa 1 miliardo di euro di vendite per i negozi, con la conseguente sparizione di 15mila piccole imprese e 18mila posti di lavoro tra il 2024 ed il 2025.