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Reddito di cittadinanza, nel 2021 1.597 revoche in Umbria

Posted By Redazione Galileo On 18 novembre 2022 @ 19:02 In Economia

Nel 2021 le revoche effettuate in Umbria sono state 1.597: è il risultato della task force per il controllo massivo sui Redditi/Pensioni di cittadinanza in pagamento, con l’obiettivo di individuare tutti i casi di indebita percezione da parte di chi non ha diritto alla prestazione, attivata dalla direzione regionale Umbria dell’Inps.

L’Osservatorio statistico rileva che complessivamente, da aprile 2019 al 31 dicembre 2021, sono state revocate 2.111 RdC/PdC. A questi si aggiungono 6.806 nuclei decaduti dal diritto per mutate condizioni in corso di percezione. Il quadro per l’Umbria, in merito anche a questa prestazione assistenziale, è stato illustrato stamani durante la presentazione del Rendiconto Sociale 2021 dell’Inps per la regione.

Il Reddito di cittadinanza (RdC) – è stato ricordato – è una misura di politica attiva del lavoro e di contrasto alla povertà, alla disuguaglianza e all’esclusione sociale, ed il beneficio assume la denominazione di Pensione di cittadinanza (PdC) se il nucleo familiare è composto esclusivamente da uno o più componenti di età pari o superiore a 67 anni.

Nel 2021, emerge dal rapporto Inps, i nuclei familiari che hanno richiesto il sussidio sono stati 11.926, di cui 8.529 a Perugia e 3.397 a Terni. Nel 2021 i nuclei beneficiari di almeno una mensilità di RdC/PdC sono stati 17.279, per un totale di 35.756 di persone coinvolte, pari a circa il 4% della popolazione residente. L’importo medio mensile erogato è cresciuto nel tempo: dai 455,87 euro erogati nell’anno 2019 si è passati a 485,30 euro nel 2020 e 501,10 euro nel 2021.

“Per accedere alla prestazione è sufficiente autocertificare il possesso dei requisiti richiesti, alcuni dei quali riguardano fatti non accertabili immediatamente dall’Inps – ha spiegato il direttore regionale Inps Umbria Maurizio Emanuele Pizzicaroli – e per questi requisiti l’Istituto procede ad una verifica successiva”.

Le casistiche di revoca più frequentemente riscontrate dalla task force riguardano l’assenza del requisito della residenza sul territorio italiano da almeno 10 anni e la mancata corrispondenza tra il nucleo familiare dichiarato in Isee e quello presente in anagrafe comunale.

Fondamentale per i controlli – è stato spiegato – anche la collaborazione con tutti i soggetti istituzionali coinvolti, quali Comuni, Guardia di Finanza e Carabinieri, “che hanno consentito di far emergere fenomeni di abuso della prestazione, recentemente posti all’attenzione delle cronache come al ne caso cosiddetto del ‘clan dei tagliaboschi’”.


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