Dall’inizio dell’anno il contesto economico umbro è tornato progressivamente a deteriorarsi con una accresciuta incertezza data dal brusco mutamento delle condizioni, dopo che nel 2021 l’attività economica regionale aveva registrato un significativo recupero. È il quadro macroeconomico delineato dalla Banca d’Italia attraverso il consueto Rapporto sull’economia dell’Umbria. Al recupero del 2021 avevano contribuito “il progressivo allentamento delle restrizioni adottate per contenere la pandemia di Covid-19 e la robusta ripresa della domanda” ha spiegato Miriam Sartini, capo della Filiale di Perugia.

Secondo l’indicatore trimestrale dell’economia regionale (Iter) elaborato dalla Banca d’Italia, la crescita dell’attività economica stimata per lo scorso anno è del 6,5%, in linea con l’andamento nazionale. Dopo il forte incremento del secondo trimestre rispetto al corrispondente periodo del 2020 – profondamente condizionato dalla sospensione delle attività, è stato sottolineato – il recupero è proseguito nella seconda parte dell’anno e ha consentito di colmare buona parte della perdita di prodotto accumulata durante la crisi pandemica.

Successivamente, il rialzo dei contagi, più pronunciato che nel resto del Paese, ha penalizzato principalmente la spesa per i servizi. Le strozzature dal lato dell’offerta hanno ostacolato la produzione manifatturiera. L’eccezionale rialzo dei prezzi energetici, accentuatosi dopo l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, ha ridotto i margini economici delle imprese e il potere di acquisto delle famiglie.

Alla luce di questo contesto economico, le valutazioni delle aziende regionali sull’andamento del fatturato e i piani di investimento relativi al 2022 sono stati rivisti sensibilmente al ribasso.

Dal nuovo Rapporto sull’economia dell’Umbria della Banca d’Italia emerge che l’impatto di guerra e rincari energetici peserà molto di più su questa regione. Gli aumenti sono destinati ad avere riflessi rilevanti sull’economia umbra che presenta un consumo di energia di famiglie e imprese per unità di Pil tra i più elevati in Italia (40 volte più alto), questo per la presenza soprattutto di imprese più energivore.

Anche l’impatto del blocco delle vendite verso le aree coinvolte nel conflitto dovrebbe essere più marcato rispetto al resto del Paese per l’elevata quota delle esportazioni regionali che vi sono dirette. “Rispetto al resto dell’Italia – ha commentato Miriam Sartini, capo della filiale di Perugia della Banca d’Italia – l’Umbria avrà degli impatti forse più rilevanti sia in termini di margini reddituali delle imprese che di potere d’acquisto delle famiglie. Questo quadro di incertezza che si è generato agli inizi del 2022 che ha cambiato repentinamente le prospettive di congiunturali di crescita, che comunque a fine 2021 erano ottimistiche, avrà delle ripercussioni anche sui consumi delle famiglie proprio per peggioramento del clima di fiducia, senza contare poi l’aumento dell’inflazione e chiaramente all’inizio nel 2022 anche le strozzature dal lato dell’offerta a livello globale hanno ostacolato l’attività manifatturiera”.

Per Sartini, inoltre, da tenere in considerazione c’è anche la questione dell’aumento dei contagi Covid che in Umbria, ad inizio 2022, è stato più pronunciato che nel resto dell’Italia, “cosa che ha inciso sulla spesa per servizi”.

Come per l’economia italiana, che secondo il capo della filiale di Perugia di Bankitalia “ha la possibilità di superare le difficoltà che impediscono lo sviluppo”, anche per l’Umbria in questa fase “diventa più che mai indispensabile sfruttare l’occasione del Pnrr per incidere sui fattori di debolezza”.