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“Siamo stanchi delle pacche sulle spalle e delle parole di circostanza. Per questo dal palco dell’Umbria lanciamo la proposta del ‘Cantiere sicuro’, un protocollo per stabilire i criteri, le caratteristiche e le modalità di come si deve lavorare in quel Comune, partendo dall’applicazione del contratto nazionale per tutti i lavoratori”. Questa la proposta che la Uil ha lanciato dal palco di piazza IV novembre con l’iniziativa ‘Basta morti sul lavoro!’, il flashmob itinerante che ha toccato alcune regioni e che in Umbria ha portato 110 bare di cartone in piazza, come 110 sono state le vittime dei morti sul lavoro degli ultimi cinque anni in Umbria. Quattro solo quelle degli ultimi mesi.

Sul palco il segretario generale della Uil dell’Umbria, Maurizio Molinari, il presidente nazionale dell’Ital, Giuliano Zignani, l’attore Stefano De Majo per un monologo sul tema e il segretario nazionale organizzativo Emanuele Ronzoni.

“Con questa campagna – ha detto Molinari – vogliamo scuotere le coscienze di tutte le persone, lavoratori e istituzioni e mettere al centro la conoscenza e l’importanza della sicurezza nei luoghi di lavoro. E’ inaccettabile contare così tanti morti in una regione piccola come la nostra. C’è la necessità di una inversione di rotta in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, l’Umbria è da troppo tempo una delle regioni con la maggiore incidenza e nel solo primo trimestre 2024 sono state quattro le vittime di incidenti, tutte in provincia di Perugia. I settori più esposti restano le costruzioni, seguite dalla manifattura e dai trasporti. Non può passare l’idea di tragedia inevitabili e vogliamo sollecitare politica e governo a mettere in campo tutti i provvedimenti necessari”.

Quindi la proposta del ‘Cantiere sicuro’. Dal palco anche la commovente testimonianza di Michela Sordini, la figlia di una vittima del lavoro del 2023 che ha raccontato la sua terribile esperienza.

“Serve la volontà politica per arrivare a zero morti sul lavoro – ha detto il presidente nazionale di Ital, Giuliano Zignani – serve la forza di far venir fuori il problema. Il tema è anche legato al patronato: il nostro ruolo è quello di fare prevenzione. Se non facciamo un lavoro culturale, partendo dalle scuole, non arriveremo mai al nostro traguardo. Occorre la cultura della legalità e della sicurezza: troppi sono i casi di lavoratori stranieri che magari non sanno l’italiano e che per questo perdono la vita, ignorando magari un’istruzione su un dispositivo. Mettere al centro la persona e non il profitto è l’obiettivo”.

“Abbiamo esaurito le lacrime – ha detto Ronzoni – e queste stragi sono ormai inaccettabili. Stiamo chiedendo al Governo nazionale più responsabilità. Abbiamo detto che bisogna aumentare gli ispettori, le norme ci sono e bisogna farle rispettare. Bisogna assumere nuovi ispettori e mandarli a lavorare: possono farlo anche i governi locali e le Asl. Serve aumentare formazione e informazione. Bisogna investire i soldi che l’inali non spende in formazione preventiva. Vanno rese pubbliche le aziende che non rispettano le norme. A quelle aziende occorre evitare di far usare fondi e contributi pubblici. E poi occorre istituire una procura speciale: molti dei morti sui posti di lavoro sono omicidi e qualcuno deve pagare”. Ronzoni ha lanciato l’allarme anche sulla “corsa al profitto” che si è inasprita dopo il Covid. “Troppi lavoratori – hanno detto – non lavorano in sicurezza. Vanno fatte rispettare le norme e bisogna ribellarsi se un datore ti costringe a lavorare in situazioni non accettabili. Serve sicurezza per i lavoratori, anche mentali. Oltre 5 milioni non hanno il contratto rinnovato”.