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Non ci siamo. La Scuola e l’Università di oggi non dispongono di mezzi utili a modernizzarsi e produrre competenze di massa, né a realizzare eccellenze scientifiche. L’unica preoccupazione di ogni esecutivo è diminuire le spese agendo sul numero degli alunni e sull’accorpamento degli Istituti. Passiamo da classi pollaio, molto spesso non rispettose della normativa sulla sicurezza, a Istituti “accorpati” che perdono l’Autonomia. Così facendo, si risparmia sui dirigenti scolastici e sui direttori amministrativi, ma si procura un grave danno all’educazione dei giovani privati di certezze e prospettive. Quando si accorpano più Istituti diversi fra loro per indirizzo formativo, pratica che ormai avviene ogni anno, per il fatto che ogni singolo istituto non dispone dei numeri minimi di studenti, si segue solo una logica ragionieristica, trascurando il fatto che l’autonomia comporta ricercare spazi e dialoghi continui per indicare ai giovani un futuro certo e attivare un continuo rapporto con il territorio. Quello che manca è un piano di investimenti sulle strutture e sulla strumentazione tecnologica a disposizione delle scuole. È quanto mai necessario superare l’appiattimento culturale derivante da quanti pretendono di imporre opinioni sostenute da un linguaggio definito dai media “libero”, trasmesso tramite i social, ben più coinvolgenti della scuola, intriso di volgarità molto più accattivanti del linguaggio scolastico. Il Ministro pensa di introdurre figure tutor per aiutare i giovani. Si tratterebbe di un ulteriore errata valutazione della situazione: riducendo l’affollamento delle classi tali figure potrebbero essere assolte dallo stesso docente. La diminuzione del numero di studenti per classe combatte la dispersione scolastica e dà la possibilità al docente di svolgere al meglio la funzione educativa e formativa, senza trascurare la protezione della salute e della sicurezza di tutti: alunni, docenti e personale scolastico. Oggi, nella scuola secondaria di secondo grado, le classi di primo anno sono costituite in media con non meno di 27 alunni. A seguito di eventuali resti si può arrivare a 30 alunni. Il compito educativo del docente in simili condizioni è arduo, complesso, tale da richiedere figure super-formate didatticamente, personale altamente qualificato. In questo momento, è obbligatorio agire per ristabilire i basilari principi educativi coinvolgendo in prima linea la famiglia se si vuole contrastare la degenerazione comportamentale degli studenti. La scuola deve svilupparsi in armonia con la vita della città assumendo misure che devono tendere alla comprensione condivisa degli eventi sociali che  l’attraversano. Il Provveditore di Terni degli anni ‘90, Lina Lo Giudice Sergi individua il percorso utile alla formazione dei giovani “…Davanti ad un’Europa multirazziale, l’educazione, l’istruzione, la formazione, devono essere multiculturali e fondate soprattutto sulla “conoscenza “ o, come ancora suggerisce Piero Angela tramite il figlio-erede Alberto, “Nous-Noos”, sulla Ragione, sul Pensiero, sulla ricerca. Per cui i riferimenti all’Arte e alla Scienza, mi appaiono strumenti fondamentali ed utilissimi, per facilitare l’approccio interculturale e interdisciplinare dei giovani, specie con l’ausilio di scambi culturali di studenti e docenti, non solo più in Europa e/o negli USA, ma proprio con i paesi africani e orientali, da cui provengono le migrazioni. Utopia? Senza utopia saremmo ancora sulle palafitte….”. Forse il segreto sta proprio nello studiare facendo tesoro di una cultura diffusa in cui si incontrano le diverse arti per affrontare le tante problematiche per crescere, tenendo ben chiaro che qualsiasi processo educativo è strettamente legato alla formazione permanente.

Giocondo Talamonti