Presso il Gruppo Carabinieri Forestale di Rieti è stata istituita la nuova Unità Cinofila Antiveleno. Composta dal binomio conduttore-cane, l’Unità diventerà pienamente operativa entro due mesi, quando sarà completato il suo ciclo di addestramento, che le consentirà di essere impiegata nella prevenzione e in attività di indagine contro i reati di avvelenamento della fauna selvatica con bocconi, esche e carcasse contenenti sostanze tossiche.

Il conduttore è il Brig. Ca. Daniele Formichetti, sottufficiale dei Carabinieri Forestali che ha conseguito la qualifica dopo un percorso formativo presso il Centro Cinofili Carabinieri di Firenze, storico Istituito dell’Arma per la formazione dei propri militari e quadrupedi da impiegare in servizi preventivi e operazioni di polizia giudiziaria, ricerca e soccorso.

Il cane è Asia, un pastore belga Malinois femmina, di tre anni, addestrata anche lei presso il Centro di Firenze. Asia è un animale fiero e dagli occhi brillanti, dotato di un olfatto straordinario e una spiccata attitudine alla ricerca e al gioco, ed è attaccatissima al suo padrone.

I pastori Malinois presentano un temperamento forte che richiede una mano ferma per l’addestramento e capacità da esperti cinofili per poter essere gestiti. Solo la preparazione accurata, una dedizione costante e un profondo affiatamento consente all’Unità Cinofila di svolgere con efficacia le delicate attività cui sono deputate.

L’Unità Cinofila Antiveleno dei Carabinieri forestali reatini avrà competenza sull’intera Regione Lazio.

Le ispezioni potranno essere periodiche, soprattutto nelle aree reputate a maggior rischio, oppure urgenti, qualora venga segnalata la presenza di bocconi o carcasse sospetti.

Quando l’Unità Cinofila viene attivata, il quadrupede, indirizzato dal proprio conduttore, perlustra il territorio. Quando il cane individua e segnala il materiale sospetto, sedendovisi vicino, il conduttore lo premia con giochi e carezze. Le Unità Cinofile Antiveleno non lavorano mai da sole, ma sono seguite da altri Carabinieri forestali, pronti ad occuparsi di tutte le attività necessarie a ricostruire la dinamica dell’avvelenamento, per individuarne gli eventuali responsabili.

Il risultato ottenuto dagli autori di questo tremendo vile reato non è quasi mai la soluzione del problema, ma la morte di numerosi animali, spesso appartenenti a specie a rischio di estinzione. Il veleno, infatti, non è selettivo: insieme a lupi, orsi, volpi e cani, che solitamente rappresentano il principale bersaglio, muoiono scoiattoli, tassi, ricci, gatti selvatici e una lunga schiera di uccelli.

Sono molte le motivazioni che scatenano l’uso del veleno.

Tra le più frequenti, l’intenzione di difendere il bestiame dalla predazione di volpi e lupi, eliminare cani vaganti o regolare conflitti per l’uso del territorio o tra il vicinato, come nell’ultimo avvelenamento occorso nel comune di Greccio lo scorso 15 gennaio, a danno di quattro gatti uccisi con esche contenenti metaldeide, un potente lumachicida, sul quale indaga la Stazione Carabinieri Forestale di Contigliano.